Da Cinquefrondi a Firenze: intervista ad Alfredo Betocchi

orologio torre antica alfredo betocchi

La nostra torre sulla copertina de L’orologio della Torre Antica.

– Che cosa ha ispirato la sua trilogia?

L’idea del racconto nasce da un incubo fatto quando ero ancora bambino: “Mi trovavo su un prato, ai piedi di una torre di pietra alta tre piani e con la cima merlata. Ero inseguito da un sinistro figuro che brandiva un coltellaccio. Correvo per sfuggirgli, entravo nella Torre e salivo fino all’ultimo piano. L’assassino mi inseguiva e a me non rimaneva che buttarmi dalla finestra per salvarmi, ritrovandomi nuovamente sul prato. L’assassino ricompariva e la fuga ricominciava all’infinito”.

-Le storie che narra sono frutto esclusivamente della sua fantasia? 

Le vicende sono frutto di fantasia ma sono inserite in una realtà storica del XIII secolo con i suoi personaggi veri. I protagonisti (Enrico, Elodìa, Vivilla, Tara, Mario Ugo ecc sono di fantasia. Nomi e circostanze storiche sono autentiche. Questo vale sia per il capitolo riguardante l’assedio e la caduta di San Giovanni d’Acri nel 1291, sia per la battaglia di Mantova nel 1797, in epoca napoleonica.

La moda di apporre orologi sulle facciate delle torri medievali è nata alla fine dell’800. 

L’edificio in cui si svolgono gli avvenimenti, la Torre, deve per forza avere qualcosa di magico. I suoi interni si allargano e si ampliano a dismisura, molto più dello spazio previsto per una torre alto medioevale. E’ abitata comodamente da una famiglia e dai loro servi, ma se siete mai saliti su una torre, saprete bene quanto angusti e soffocanti siano le scale e i vani di un tale edificio. 

Nel racconto sono descritti anche dei veri e propri riti magici. Giuro che nulla è stato inventato. Ho consultato volumi di magia e di incantesimi, riportando i riti proprio come sono descritti, con le loro formule originali e gli ingredienti utilizzati, rischiando perfino, talvolta, di essere trasformato in un rospo. 

Le tavole di bronzo del racconto esistono veramente. Si chiamano “Tavole Eugubine”, furono scoperte nel 1444 e sepolte in un campo nei pressi di Gubbio (Pg). Vi è riportato il più importante testo rituale che tratta delle cerimonie stagionali legate all’agricoltura dell’antico popolo degli Umbri.

Sono in tutto sette, di diversa grandezza, incise tra il 200 e il 70 avanti Cristo e si possono ammirare al primo piano del Palazzo dei Consoli a Gubbio. Le prime quattro, interamente e una in parte, sono redatte nella lingua degli umbri, le rimanenti in alfabeto latino adattato alle esigenze della lingua locale. Grazie agli studi del Prof. Giacomo Devoto su tali reperti si è potuta finalmente decifrare la misteriosa e sconosciuta lingua degli umbri.

-Quale è il personaggio più interessante e perché?

I personaggi che più mi intrigano sono Elodìa e Vivilla/Tara. Tara nasce come figura di 2° piano poi col secondo libro ho voluto raccontare la sua biografia. La famiglia Davizzi è veramente esistita. Furono i primi proprietari del Palazzo Davanzati in Firenze 

-Borgo è il luogo in cui viene ambientata tutta la storia esiste veramente?

La scelta del luogo è merito di mia suocera , un’arzilla signora di più di novant’anni.

Nelle nostre chiacchierate mi rivelò l’esistenza, in molti paesi, di torri in pietra con grandi orologi sulla facciata. Mi chiese perciò di ambientare la storia nei luoghi della sua infanzia e io l’accontentai molto volentieri. All’inizio, avevo chiamato la località semplicemente “Paese” poi questo nome mi parve troppo generico e lo cambiai in: “Borgo”, toponimo più attinente alla tradizione toscana.

Il Comune di Borgo non esiste. C’è però una piccola frazione chiamata Borgo, a sud ovest di Arezzo, ma è un fatto casuale. Molti lettori hanno creduto di riconoscervi un luogo a essi familiare che tuttavia esiste solo nel mondo della fantasia. La geografia del territorio che lo circonda, descritta nel romanzo, è caratteristica dell’alta Toscana e non è raro ancor’oggi ammirare in Casentino montagne boscose e graziosi paesi adagiati in amene valli.

Esiste un altro valido motivo per cui ho scelto di ambientare la vicenda in Casentino: nel XIII secolo questa regione fu il dominio dei potenti conti Guidi, feudatari dell’Impero, il cui capostipite è un importante personaggio del libro. Costoro dominarono l’alta Toscana, la Romagna e parte delle Marche come un vero e proprio regno.

-Nella copertina del primo libro della sua trilogia viene rappresenta una torre, perché?

La torre con l’orologio è quella del mio sogno. La foto la trovai su google, scoprii che l’aveva scattata un certo Carlo Bonini che all’epoca lavorava a Perugia (difatti credevo fosse Umbro) , gli scrissi una lettera chiedendo il permesso di utilizzarla . Molto gentilmente accettò chiedendo solo in cambio una copia del libro in omaggio . Il Sig. Bonini ha scattato di notte, nella piazza principale della città di Cinquefrondi in provincia di Reggio Calabria e raffigura tutti i temi trattati nel libro: la torre con l’orologio, la luna e una nuvola che, guardandola con un po’ di fantasia, somiglia moltissimo a una strega sulla scopa. 

-Come ha scoperto che la Torre, in verità, era di origini cinquefrondesi e non umbre?

Questa è la domanda più interessante. Ho lavorato molti anni all’ufficio matrimoni. Un giorno si presenta una coppia che riconosce sulla copertina del libro che tenevo sulla scrivania la torre di Cinquefrondi che ignoravo. Erano originari proprio di Cinquefrondi.

By Michela Tripodi

Avvocato. Dedica parte del proprio tempo ad attività culturali e benefiche come presidente dell'Associazione socio-culturale "Sibilla". Da anni impegnata nel sociale, ha dedicato le proprie proprie energie dando un contributo nel mondo del lavoro attraverso l'attività sindacale. Crede fortemente nelle potenzialità della sua Calabria e punta alle valorizzazioni delle sue intelligenze.

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