Incastonata nel cuore della Costa Viola e inserita nella top-ten delle spiagge più belle d’Italia
Cala Janculla o Cavajauncuja? Il nome geografico si perde nella notte dei tempi, in un susseguirsi di mescolanze e racconti affascinanti legati alla storia del luogo.
Gli storici sono concordi sul fatto che l’etimologia del nome sia strettamente legata ad un rituale di accoppiamento che si svolgeva nella famosa baia della Costa Viola.
Per la sua particolare collocazione geografica, è considerata una delle spiagge più belle d’Italia: sabbie bianche e acque cristalline, in passato fu sito di vendemmie marittime, legata al mito delle sirene di Ulisse e delle Amazzoni, quest’ultima versione trova similitudini nel nome originale con il più antico culto delle Amazzoni.
Infatti la mitologia greca narrava di un popolo di sole donne guerriere che annualmente si recavano in visita alle vicine popolazioni per accoppiarsi, questo permetteva loro di generare figli e donare una prole forte ai popoli in visita, nell’anno successivo.
Una millenaria fonte di ispirazione
Il mito di Cala Janculla ha ispirato artisti contemporanei, come il calabrese Giuseppe Frosina, autore del dipinto Cavajancuja: un’opera dal forte potere evocativo che, con il corretto uso della retrospettiva, ha dato vita a un’opera coloratissima che racconta costumi di altre epoche, rappresentate nelle due figure femminili nell’atto del bagno.
L’autore usa un linguaggio romantico, quasi fiabesco, colori gioiosi e vivaci che meglio rappresentano l’essenza di un luogo mitologico.
L’artista si dichiara particolarmente affezionato all’opera, ma non avrebbe mai pensato di vederla riprodotta, in serie, nelle vesti di un’etichetta di un vino, prodotto da uve coltivate proprio vicino Cala Janculla.
Vicino la spiaggia sono ancora presenti i resti di un antico palmento.
Troveremo in un bicchiere la passione di un artista e la potenza del mito?
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