Lo spunto per questo articolo mi è stato fornito dall’aver ritrovato, nella nostra biblioteca personale, un volume regalatomi negli anni ’70 da un nostro zio che per lavoro soggiornò dal ’74 al ’77 nella Città del Messico: La vita degli Aztechi nel Codice Mendoza, a cura di Sebastiana Papa.
La storia
Il Codice Mendoza, un manoscritto pittografico compilato da don Antonio de Mendoza, primo viceré della Nuova Spagna ai tempi di Carlo V, creato nel 1540, circa vent’anni dopo la conquista spagnola del Messico.
Si tratta di un volume cartaceo di 71 fogli che racchiude: la copia della Storia anno per anno, un’antica cronaca messicana andata perduta; la copia del Tributo di anno in anno che riguarda i beni che circa 400 città dovevano conferire all’ultimo sovrano del Messico e, per finire, di una descrizione redatta da un copista messicano per incarico del viceré, della vita di un messicano Dalla tomba del grembo al grembo della tomba.
La sua stesura non fu facile, ci furono difficoltà nella traduzione dei simboli che i messicani usavano come propria scrittura.
La traduzione
La traduzione fu affidata ad un prete spagnolo che conosceva il nāhuatl, lingua originaria della popolazione azteca, che sovente si lamentò che a volte i suoi collaboratori erano discordi sulla reale interpretazione dei segni.
Ciononostante il codice fu terminato in tempo per essere imbarcato su una nave che doveva portarlo in Spagna nelle mani dell’imperatore Carlo V.
Un evento inaspettato
Il fato però volle che la nave venisse abbordata dai corsari che a quel tempo solcavano i mari alla ricerca delle loro prede, così del manoscritto si persero le tracce fino al 1553.
Da quel momento ebbe inizio un percorso non meno avventuroso di mano in mano, sovente documentato sui fogli dello stesso codice, fino ad arrivare nel 1654 alla Bodleian Library di Oxford, una delle più antiche biblioteche pubbliche del mondo moderno, dove viene conservata attualmente.
A parte l’interesse storico in sé, questo Codice Mendoza – o meglio la lettura del libro “Vita degli Aztechi nel Codice Mendoza“, dove Sebastiana Papa ne traduce i contenuti e lo arricchisce riportando scritti di altri autori tra cui il gesuita Francisco Javier Clavijero (1731-1787) – offre diversi spunti di riflessione.
Un libro e un’opera d’arte
Possiamo ammirare l’aspetto artistico delle tavole pittografiche, scoprire alcuni aspetti della antica cultura Azteca, scovare leggendo la parte che descrive la vita di un messicano i punti in comune con la nostra cultura europea, ma anche – ed è questo che mi ha colpito maggiormente – soffermarsi su alcuni commenti che provengono da Francisco Javier Clavijero.
Le tavole pittografiche, ne inserisco solo alcune come esempio, potrebbero essere oggi delle opere d’arte contemporanee, trovo molta affinità con i segni ripetitivi e le metamorfosi del grafico e incisore Maurits Cornelis Escher (1898-1972) o nei colori e stilizzazioni del pittore e writer statunitense Keith Haring (1958-1990).
E’ incredibile quanta simbologia è racchiusa in ogni singolo disegno, d’altra parte dovevano “parlare” a chi li osservava, dovevano contenere ciascuno così tante informazioni che fanno pensare a dei file compressi, se rapportati alla moderna informatica, il tutto però sempre con un gusto dei colori e del segno curato nei particolari che ne farebbero oggi delle tavole da appendere e ammirare per la loro bellezza.
Il valore aggiunto di Clavijero
Se le tavole appagano l’occhio, sono i commenti disseminati nel volume del gesuita Clavijero – a dispetto del senso comune di oggi riguardo l’ordine dei gesuiti, associato troppo spesso solo all’inquisizione – sul popolo messicano che mi hanno sorpreso non poco.
Questo gesuita, nonché docente e storico messicano, la cui opera monumentale sulla storia delle civiltà precolombiane e sulle civiltà della Mesoamerica e dell’Altopiano messicano è importantissima, appare come uno storico di prim’ordine, di quelli che non si lasciano condizionare dal “politicamente corretto” (dovrebbero imparare da lui alcuni storici contemporanei…), alcune parti dei suoi scritti che riporto nelle immagini allegate a questo articolo sono esplicative: quanti concepirebbero che proprio un gesuita derida chi vede il demonio in ogni angolo?
E ancora, un esempio di fratellanza, di rifiuto di ogni forma di razzismo verso altri popoli e una feroce invettiva contro i ribaldi che per ingordigia la promuovono:
E che dire di quanto scrive sull’educazione della gioventù? e naturalmente non manca l’affondo a chi crede che l’ “imperio della Ragione” sia circoscritto alla sola Europa:
E per completare, quanto sarebbe oggi utile seguire i consigli che un padre elargisce al proprio figliolo: