In passato il matrimonio veniva inquadrato non come contratto d’amore ma come vera e propria garanzia economica di mantenimento per la futura e “fortunata” sposa. Il contesto sociale e culturale era, per certi aspetti, molto diverso da quello odierno.
La donna raramente apportava un contributo economico come forza lavoro (molto preziosa poteva essere la famosa “dote”). Insomma, il matrimonio era una garanzia per entrambi gli individui vita-natural-durante.
Oggi sono molte le notizie che analizzano la società moderna in preda alle pulsioni amorose, quei matrimoni contratti per puro amore e grande passione, poco ci fà se la durata è assai limitata a pochi anni nella gran parte dei casi, con un aumento delle convivenze e di una gran percentuale di single con relativo calo delle natalità.
Molte le notizie che danno alla luce verità di separazioni fittizie (circa il 7%), che vengono effettuate per mere questioni fiscali (reato della cosiddetta “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”, disciplinato dall’articolo 11 del D.lgs. n. 74 del 2000).
Ci fu un tempo, però, in cui le natalità erano talmente basse e la crescita del popolo era simbolo di tanta potenza che venne introdotta la TASSA SUL CELIBATO.
Tale imposta, approvata con Regio Decreto Legge n.2.132 dal Governo Mussolini il 19 Dicembre 1926, entrò in vigore il 13 Febbraio 1927.
Secondo l’etimologia celibe è colui (uomo) privo di talamo. Dunque, i Signorini vennero “puniti” con l’obbligo di pagare la suddetta tassa che veniva calcolata in base alla fascia di età e per aliquote di reddito.
70 lire per i galantuomini dai 25 ai 35 anni;
100 lire per i galantuomini maturi di 50 anni;
50 lire per i saggi galantuomini (over 50), più una somma calcolata in base all’aliquota del reddito prodotto dal Signorino.
Il tutto veniva devoluto all’Opera Nazionale Maternità ed Infanzia.
L’imposta aumentò nel ’34 e. nel ’36. i celibi residenti nelle colonie che non optavano per il matrimonio venivano ulteriormente penalizzati e cioè laddove vi erano assunzioni o promozioni a loro venivano preferiti gli uomini sposati e soprattutto quelli con figli.
L’obiettivo era quello di far crescere la popolazione perché avere un esercito forte e numeroso era sinonimo di potenza nazionale ma, ovviamente, era un richiamo alla più illustre storia degli “avi”.
Difatti, pare che i celibi furono argomento di profondo interesse già nel 403 avanti Cristo a loro venne così imposto dai censori : “a coloro che erano giunti celibi alla vecchiaia di versare all’erario una somma a titolo di punizione» poiché«la natura, come vi dà la legge del nascere, così vi dà quella del generare».
E poi ancora nel 131 A.C. Quinto Cecilio Metello Macedonico tenne un discorso pubblico per esortare i celibi a prender moglie.
Lo stesso Cicerone nel 46 a.c. suggerì a Cesare di favorire l’incremento demografico e di vietare il celibato. Infine «Nel 18 a.C. Augusto fece approvare la lex Iulia de maritandis ordinibus, che imponeva pene piuttosto dure ai celibi e alle nubili; ovvero i maschi fra i 25 e i 60 anni e le donne fra i 20 e i 50». Tanto che si arrivò a privare il celibe del diritto di poter ereditare e non poteva nemmeno partecipare a festeggiamenti e spettacoli pubblici.
Tornando a Mussolini bisogna evidenziare che la tassa servì a ben poco in quanto si registrò una decrescita del tasso di natalità proprio dal 1926 al 1937 e dunque un calo che andò dal 29 per mille al 23,2.
Altrettanto importante da portare a conoscenza è il fatto che proprio in quel periodo il tasso di mortalità infantile era elevato a causa della povertà imperante.
Questa imposta venne poi abolita il 27 Luglio del 1943 alla primissima riunione del Governo Badoglio.
A conclusione: furono molte le politiche per la famiglia adoperate durante il Regime: l’esenzione delle tasse per le famiglie numerose, premi di nuzialità e quelle per le madri per la nascita dei figli, periodi di riposo per le madri lavoratrici e persino la riduzione delle tariffe ferroviarie per i viaggi di nozze.
Alle prese con questa Legge, in un simpaticissimo film “Destinazione Piovarolo”, troviamo addirittura il grande Antonio De Curtis ( in arte Totò) che pur di farsi spostare dalla stazione ferroviaria di un piccolo paese dove era stato spedito, si sposa proprio per usufruire della legge di quel periodo che, appunto, consentiva l’avanzamento lavorativo per l’uomo che si sposava.
Matrimonio: croce e delizia della storia dell’individuo.
I single da sempre oggetto di elevate riflessioni sui massimi sistemi. Può un singolo individuo, associato ad altri individui contribuire alla crescita o decrescita di una Nazione? Può esserci felicità senza la congiunzione di due individui e senza proliferazione? Può la congiunzione di due individui e la proliferazione creare infelicità?
Ma soprattutto: quanto economicamente conviene contrarre o non contrarre matrimonio?