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L’ultima storia “egualitaria” di Luis Sepùlveda

Avrebbe affabulato anche questa nuova realtà Covid-19 il “letterato impuro” – così lo etichettò malamente da sempre la critica latinoamericana – Luis Sepùlveda, cileno di nascita, boliviano di “sangre”, vagabondo di tutte le Terre che stanno a Sud. 

Muore inerme nel surreale che sempre disdegnò, così attratto dalla letteratura “popolare”, dalle genti cui non si riconosceva diritto, del “profondo rosso” degli sconfitti dalla tirannia “dell’amnesia come ragione di Stato”. 

L’anarchico e poi socialista Sepùlveda non si anestetizzò col veleno dei potenti, dell’usurpatore cileno. Ne pagò dazio con prigionia, esilio e “secondo esilio”, quello che ti fa intravedere la tua terra originis di soppiatto, con un velato sorriso di dolore, accompagnato dalla carezza asturiana della sua cara poetessa Carmen Yánez, “la più bella storia d’amore”…”la fine della storia”. 

Con Sepùlveda muore solo il combattente idealista, uno solo, non la sua idea di osare la libertà planando i cieli con gabbianella e gatto, sussurrando ad un vecchio romanzi d’amore. 

Tornerà fra poche ore libero nella sua Patagonia, a rinverdire la sua causa ambientalista da cenere tra la foresta. È terminata la sua ultima lotta col mostro senza viso.

Ha scritto la sua ultima storia “egualitaria” come mille e mille volti di ultimi morti in tutto il mondo. È stato Uomo anche in questo! Arrivederci Maestro scrittore delle Terre Latine, del sogno di una libertà rivoluzionaria nei contenuti. Maestro che “adorava” Camilleri e vantava l’antropologia innata delle genti del Sud Italia, di ogni altro Sud. Arrivederci Luis Sepùlveda, scopritore di coscienze e di Uomini, quelli che desidereresti non morti alla fine di questa catastrofe di morte. 

“Si esilia chi non ha conosciuto che un lato della medaglia e porta i suoi errori più in là di dove li ha appresi, ma chi ha attraversato tutto il tunnel scoprendo che entrambi gli estremi sono bui rimane prigioniero, appiccicato come una mosca alla striscia coperta di miele”.  (da “Un nome da torero”)

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By Rocco Polistena

Ideatore e sostenitore del Correntismo, ricercatore instancabile dell'Umanità pura e bella, caparbio "incantato" dalla Cultura quale bisettrice unica di stile di vita, si definisce "un Uomo qualunque" alla ricerca dell'Essenzialita dell'Essere. Divulgatore per passione, aspirante giurista, "agricolo" per trasmissione dagli avi, presiede l'Associazione Culturale Roubiklon nella sua Lubrichi (RC). Ha scritto, editandole, diverse sillogi poetiche, riservando egli alla Poesia la causa primaria del suo "sentire". Ritiene il dialogo costruzione autentica di una societas nuova.

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