Quando ammirate un’opera d’arte sicuramente rimanete colpiti dalla sua estetica, dai colori, dall’impianto prospettico e, perché no, anche da ciò che si cela dietro le forme: vale a dire al concetto e al simbolismo che l’artista ha voluto trasmettere attraverso l’opera. Quando vidi La Maddalena di Seminara capii che l’arte non conosce peccato ma è l’uomo che, casomai, ne “sporca” la bellezza.
Questa magnifica figura in marmo di Carrara che va in estasi e con le mani congiunte sembra quasi che stia per spiccare il volo. Il vento divino le spinge la sottile veste tra le gambe e il panneggio che svolazza sembra il gorgoglìo delle onde in tempesta che agitano il mare, come accade nell’incantevole tratto tra Scilla e Cariddi.
Se scaviamo nella storia capiamo perché questa statua rappresenta una bellissima rarità. Osservando le statue o i dipinti di Maria di Magdala dopo il concilio di Trento esse sono bardate dalla testa ai piedi, come una suora.
Invece la bellezza di quest’unicum che si trova a Seminara è qualcosa di ancestrale e misterioso che sopravvive ancora nonostante i terremoti e il Concilio di Trento.
Il Concilio di Trento e la censura all’Arte Sacra
Fu infatti nel 1564, un anno dopo la fine del Concilio di Trento, che venne decisa la censura dei nudi “scandalosi”, molto nota è quella del Giudizio Universale nella Cappella Sistina.
Il compito venne affidato a Daniele da Volterra, il quale decise di coprire la nudità delle figure con le famose “braghe”, lavoro per il quale da allora è stato soprannominato il Braghettone.
La maggior parte delle braghe è dipinta a tempera sopra l’affresco originale, che quindi si è conservato al di sotto delle ridipinture. Ma c’è un’eccezione: nel caso di Santa Caterina d’Alessandria e di San Biagio, il Braghettone ha distrutto l’affresco di Michelangelo e ha rifatto, sempre ad affresco, le figure.
Perché?
Basta guardare i santi dipinti da Michelangelo (a sinistra, dalla copia del Venusti) e quelli rifatti da Daniele da Volterra (a destra): Santa Caterina era completamente nuda e San Biagio era accovacciato alle sue spalle, in una posizione molto indecente. Non bastava coprire i nudi con delle vesti, era altro il problema!
Così alla Santa è stato fatto un bel vestitino verde, completamente nuovo, salvando la testa, le braccia e la ruota del martirio, di mano di Michelangelo. Invece San Biagio è stato totalmente rifatto: ora non è più piegato sulla Santa e guarda, molto devotamente, verso il Cristo giudice.
In fondo non è andata male, l’affresco poteva essere distrutto, evidentemente Michelangelo era più vicino a Dio dei suoi intolleranti censori.
Ma ritorniamo a Seminara, patria del Rinascimento Calabrese
La Maddalena venne scolpita da Rinaldo Bonanno (Raccuja, 1545 – Messina, 1600) che è stato uno scultore e architetto italiano, uno dei più importanti scultori della seconda metà del XVI secolo in Sicilia e Calabria.
Allievo di Giovanni Agnolo e Martino da Messina e poi di Martino Montanini, nelle sue opere traspare l’influenza della tradizione toscana e michelangiolesca, la sua arte fu accompagnata da elementi tardo gotici che si esprimono per esempio nei ricchi panneggi delle figure, e influssi dei Gagini.
Il mio consiglio è quello di ammirare questa opera in silenzio e di pomeriggio quando i raggi del sole che tramontano sul lato ovest della Basilica dove essa è collocata illuminano il fluente panneggio e sopratutto guardare ad essa con gli occhi di un amante perché “l’ultima degli ultimi” vi ripagherà con la sua bellezza.
Leggi anche: Antonello Gagini: una bellezza da mozzare il fiato.