I Templari a Seminara.
In una delle più antiche città della Calabria non potevano mancare avventure di Cavalieri Crociati.
Posta al centro di un vasto altopiano, tra il monte Sant’Elia e l’Aspromonte, Seminara nel Medioevo fu tra le più grandi e importanti Città della Calabria superando anche Reggio come nuclei familiari, uno dei primi centri abitati dell’attuale Città Metropolitana a godere di una Fiera, istituita dalla Regina Giovanna II nel 1420.
Nel 1535 l’imperatore Carlo V La volle visitare, era attraversata dalla Via Popilia, antica via consolare Romana che da Capua portava alle Colonne Reggine e sopratutto era fortificata.
Probabilmente, essendo Città amata dagli Angioini, i Templari vi possedevano vari beni e sopratutto era avamposto delle miriade di pellegrini che attraversavano la punta dello Stivale per attraversare lo Stretto e recarsi via nave dal porto di Messina alla volta della Terrasanta, essendo luogo sicuro da attacchi di malfattori e pirati che infestavano il Regno delle Due Sicilie.
Ma torniamo a un mistero che da anni mi attanaglia.
Nel Marzo del 1273 venne stilato un atto a Seminara, per mano del Notaio Nicola da Seminara, in cui è scritto “che il Luogotenente Adymaro”, Precettore delle Case delle Milizie del Tempio di Gerusalemme e della Grande Casa nel Regno delle Sicilie rimette ad alcuni uomini i danni da essi arrecati alla “Grande Casa” purché in futuro si astengano dall’arrecarle ulteriori offese.
Cosa va interpretato a partire da questo Documento? Di cosa vennero perdonati questi Seminaresi? E sopratutto quale “Casa templare” era stata offesa? O violata?
Nell’Archivio di Stato di Napoli esistono tanti atti interessanti, che vanno dal 1273 al 1308, di cui gli ultimi due furono stilati quando già la vendetta di Filippo il Bello aveva colpito L’ Ordine.
La Nuova Pianta di Seminara del dopo 1783 tra Misticismo e Misteri.
Osservando il progetto della Città di Seminara i punti cardinali rappresentati dalle quattro fontane dei tritoni e le 4 strade centrali che portano al centro della piazza formano una stella a otto punte.
Nella simbologia massonica la stella a otto punte rappresenta Venere, ossia la luce.
Stranamente rappresenta anche le Madonne nere, non a caso la più antica statua lignea dell’Italia Meridionale è propio La Madonna Nera di Seminara, detta “dei Poveri”, del XII Sec.
L’ architetto Vincenzo Ferrarese, architetto Regio, colui che progettò Seminara, era allievo ed amico dell’architetto Francesco Milizia, noto massone napoletano.
La stella è rappresentata con otto punte, simbolo anche della Stella Polare. Per tale motivo essa riceve l’appellativo “polare”, ad indicare l’idea del “polo”, ossia del Centro del Mondo, ove passa l’Axis Mundi, idea tradizionalmente associata a questi simboli.
Quello Strano Monogramma
Lo strano simbolo MR: mistero che lega Seminara a Cuzco e Rennes Le Chateau
La lettera M si trova scolpita o dipinta nei luoghi più disparati del mondo, a volte sola e a volte sormontata da una A o da una V rovesciata e la Coda R.
Ci si imbatte in questo simbolo a Rennes le Chateau, a Cuzco da Cholula, a Hendaye, a Umbriatico e a Seminara, nella Chiesa di San Michele Arcangelo. Sono simboli collegati, dai Templari, a Maddalene e Madonne Nere, alla “salita”, cioè al cambio dimensionale, luoghi significativi dal punto di vista energetico sacro e cerimoniale.
Per esempio tale simbolo si trova a Rennes le Chateau sulla tomba alquanto misteriosa di Marie de Nègre.
A Rennes le Chateau la parola Marie è stata volutamente “sbagliata” dallo scultore della lastra davanti alla colonna che alcuni dicono sorregga la statua di Iside, all’ingresso della chiesa di S.M. Maddalena.
L’errore ha consentito di scrivere la M con la A sovrapposta. Lo stesso simbolo si trova su architravi nel centro storico di Cuzco, sopra case coloniali, in cripte e chiese quali l’Abbadia di San Salvatore in val d’Orcia – Toscana e anche a Cholula.
La piramide Tepanapa di Cholula in Messico, con i suoi 65 metri di altezza e 450 metri di lato, è ufficialmente considerata la seconda più grande piramide del mondo dopo la Grande Piramide d’Egitto. Fu costruita dagli Spagnoli sopra una piramide più antica e più bassa già esistente quando i conquistatori arrivarono.
La storia ufficiale vuole che quando giunsero gli Spagnoli a prendere possesso di queste terre, la piramide fosse già ricoperta di vegetazione. Si dice che essi non lo sapessero quando vi costruirono sopra il santuario. Ma alcuni cose non quadrano…
Sulla sommità della “collina” c’è un piccolo santuario coloniale che risale all’epoca della conquista spagnola, il suo nome è Nuestra Señora de los Remedios: in una piccola cella laterale vi sono un altare e una colonnina davanti ad esso con impresso il simbolo M con A al centro.
Lo stesso simbolo che troviamo a Rennes le Chateau sui Pirenei francesi, a Seminara nella Chiesa di San Michele Arcangelo, a Cuzco, a Hendaye nella chiesetta presso la fatidica colonna nei Paesi Baschi francesi e in altre chiesette lungo il cammino atlantico a Compostela, e infine nella chiesa di Abbadia San Salvatore in Val d’Orcia, in Toscana.
Il simbolo dato da M con A sovrapposta esattamente al centro a formare tre picchi assomiglia moltissimo al simbolo massonico di squadra e compasso intrecciati che, tra l’altro, avevo notato sopra l’ingresso della Grande Piramide d’Egitto.
Il simbolo M con A sovrapposta poteva rappresentare le iniziali di Meri Amon, ovvero “amata da Amon”, appellativo dato alla principessa Meritaton, figlia di Akhenaton e fondatrice del popolo degli Scoti. L’appellativo Meri Amon col tempo si trasformò in Myriam, il vero nome della Maddalena, e diventò il filo di collegamento tra diverse importanti donne-sacerdotesse del passato, tra cui Myriam Magdala.
Il nome Maddalena, erede della Madonna Nera che rappresenta l’antica Dea – Danae-Isis-Kali-Karidwven a seconda della provenienza – viene da MGDL Migdal o Magdal che significa torre, ma il suo nome era Myriam. Le Madonne Nere ancora oggi sono il simbolo di una Dea Madre potente e omnicomprensiva di cui Maddalena, ovvero Myriam “Magdal” ha raccolto l’eredità nelle fratellanze segrete.
Tanti interrogativi interrogativi e risposte so trovano nella stupefacente opera “Le Dee viventi” (Medusa ed. 2005) dell’archeologa americana di origine lituana Marija Gimbutas, che ha scoperto e studiato le società matrifocali dell’Antica Europa, abitanti sulla nostra terra tra il 100.000 e il 3.000 a.C. circa. Gimbutas spiega che il simbolo M rappresenta la rana stilizzata o le cosce di una donna partoriente. In entrambi i casi si tratta di simboli della Dea nel suo aspetto rigenerativo poiché la rana in quanto animale che vive sia sulla terra che nell’acqua è icona di passaggio interdimensionale. Tale simbolo è antichissimo ed è da lei stato trovato in scavi risalenti appunto al neolitico europeo e oltre.
Scrive Gimbutas: piccole dee a forma di rane venivano scolpite su vasi cerimoniali che a loro volta indicavano la Dea gravida. Scrive ancora l’archeologa: dalla Sheela na gig delle chiese medievali alla odierna convinzione che il simbolo derivi dalle iniziali di “Ave Maria”, il collegamento è naturale – almeno per me – e mi parla del culto della Grande Madre che in tutto il mondo si è diffuso dall’alba dei tempi e non ha mai smesso di risuonare anche sotto altre sembianze.
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