Venere Vs Chiara Ferragni

Il raffinato scrittore ottocentesco Oscar Wilde mise in bocca al suo personaggio Dorian Gray queste parole: “There is only one thing in the world worse than being talked about, and that is not being talked about.”

La traduzione letterale è “C’è una sola cosa al mondo peggiore del far parlare di sé, ed è il non far parlare di sé.”, sebbene nella maggior parte dei casi si tende a semplificarla in “Parlarne bene o parlarne male non importa, purché se ne parli.” oppure “Non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli.”

Oramai l’immagine della imprenditrice e blogger Chiara Ferragni – una “influencer” a detta di alcuni – con alle spalle il dipinto di Botticelli è capillarmente presente su tantissimi gruppi che trattano arte e non solo, con immancabili sostenitori e detrattori, entrambi arruolati a loro insaputa nell’operazione che sta portando nuovi record la visibilità di questa “influencer” che sa utilizzare al top i nuovi media.

Meritava tutta questa attenzione?

Non molti si sono chiesti come sia nato tutto questo…

Chiara Ferragni era nella Galleria degli Uffizi per un photoshoot – termine moderno e “in” per definire un servizio fotografico – per conto di Vogue e come descritto sul sito di questa nota rivista è stata accompagnata in un tour del museo, alla scoperta dei suoi tesori d’arte, dal direttore Eike Schmidt.

E’ oramai pratica usuale che i musei affittino le proprie sale per servizi fotografici o video, è un modo per incrementare le entrate e di riflesso per ottenere pubblicità gratuita.

L’occasione era ghiotta a entrambi, sia la Ferragni sia il direttore della Galleria degli Uffizi erano ben consci, non sono certo degli stupidi o sprovveduti, che ambedue avrebbero avuto un beneficio: lei un bel salto qualitativo di immagine con conseguenti riscontri economici, lui un incremento di visite al museo e quindi maggior vendita di biglietti con relativo incasso.

Non credo che abbiano pensato, sia la Ferragni sia Eike Schmidt, di compiere una operazione strettamente culturale, un qualcosa che potesse ampliare la cultura generale degli italiani… ognuno tirava l’acqua al suo mulino, come si suol dire…

Purtroppo una politica dissennata della cultura ha portato a trasformare i direttori dei musei in manager, il loro compito principale non è più fare cultura, promuoverla e conservarla, devono giustificare la loro permanenza dai risultati economici e dal numero dei visitatori che deve sempre aumentare, con la logica del raggiungimento di budget sempre più alti alla pari di una qualsiasi azienda.

Non bisogna quindi dare la colpa a loro se devono scendere a compromessi, oramai i politici che dovrebbero avere come primario loro dovere la promozione della conoscenza vedono la cultura esclusivamente come possibile serbatoio di voti… e alcuni forse anche un pericolo se sfugge di mano.

E noi, che amiamo l’arte e cerchiamo di conoscerla andando a visitare mostre e musei, chiese e città d’arte, sfogliamo libri e leggiamo articoli che la trattino, come possiamo porci in tutto questo?

Discutere all’infinito della Ferragni oppure ritornare a divulgare le nostre nozioni, parlando delle opere d’arte che ci coinvolgono e dei loro relativi autori?

Personalmente sono dell’opinione che sarebbe molto meglio indirizzare le nostre forze discorrendo d’arte tra di noi, è un modo che può avvicinare altre persone all’arte facendo comprende cosa sia veramente, e sperando che questo porti a ripensare il ruolo della scuola, luogo dove l’insegnamento della storia dell’arte dovrebbe essere introdotto in ogni grado e specializzazione così da far comprendere che c’è ben altro che limitarsi a mettersi davanti a un dipinto per un selfie.

By Marco Mattiuzzi
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